Dal Quotidiano Sanità del 7 luglio 2023
Il 2022 si contraddistingue per un nuovo record del minimo di nascite (393mila, per la prima volta dall’Unità d’Italia sotto le 400mila) e per l’elevato numero di decessi (713mila). Il calo delle nascite tra il 2019 e il 2022 (27mila unità in meno) dipende per l’80% dal cosiddetto “effetto struttura”, ovvero dalla minore numerosità e dalla composizione per età delle donne. Il restante 20 per cento è dovuto, invece, alla minore fecondità. Le gravidanze si hanno in età sempre più avanzate.
Terminato nel primo trimestre 2022 lo stato di emergenza sanitaria nazionale, nel corso dell’anno sono emersi nuovi elementi di criticità. Il forte rincaro dei prezzi dell’energia e delle materie prime, accentuato dal conflitto in Ucraina, ha condizionato l’evoluzione dell’economia, con rilevanti aumenti dei costi di produzione per le imprese e dei prezzi al consumo per le famiglie. Nonostante l’attenuarsi della fase più critica della crisi energetica, nel primo trimestre 2023, l’andamento dell’inflazione condizionerà l’evoluzione dei consumi e dei salari reali nel prossimo futuro.
Sul fronte demografico, gli effetti dell’invecchiamento della popolazione si fanno sempre più evidenti: il consistente calo delle nascite registrato nel 2022 rispetto al 2019, circa 27 mila nascite in meno, è dovuto per l’80 per cento alla diminuzione delle donne tra 15 e 49 anni di età e per il restante 20 per cento al calo della fecondità. L’invecchiamento è destinato ad accentuarsi nei prossimi anni, con effetti negativi sul tasso di crescita del Pil pro capite.
Investendo sul benessere delle nuove generazioni, si può fare in modo che l’insufficiente ricambio generazionale sia in parte compensato dalla loro maggiore valorizzazione. Gli indicatori che riguardano il benessere dei giovani in Italia sono però ai livelli più bassi in Europa. Le notevoli risorse finanziarie messe in campo per uscire dalla crisi dovrebbero supportare investimenti che accompagnino e rafforzino il benessere dei giovani nelle diverse fasi dei percorsi di vita, intervenendo fin dai primi anni di vita.
Questi alcuni degli elementi contenuti nel nuovo rapporto annuale 2023 dell’Istat sulla situazione del Paese.
Il quadro demografico
Nel primo quadrimestre 2023 le nascite (118mila unità) continuano a diminuire: -1,1 per cento sul 2022, -10,7 per cento sul 2019. Per quanto riguarda i decessi si assiste a una decisa inversione della tendenza negativa che aveva drammaticamente interessato il precedente triennio: sono 232mila nei primi quattro mesi del 2023, 21mila in meno sul 2022, 42mila in meno rispetto al 2020 e quasi 2mila unità in meno rispetto al 2019.
Al 31 dicembre 2022, la popolazione residente in Italia ammonta a 58.850.717 unità (-179.416 rispetto all’inizio dello stesso anno, -3,0 per mille); tale calo presenta, tuttavia, un’intensità minore, sia rispetto a quello osservato nel 2021 (-3,5 per mille), sia a quello del 2020 (-6,8 per mille), tornando a livelli simili al periodo pre-pandemico (-2,9 per mille nell’anno 2019). Si stima una presenza di 5.050.257 cittadini stranieri, in aumento di 20mila unità sull’anno precedente (+3,9 per mille), composta per il 51,0 per cento da donne. L’incidenza degli stranieri residenti sulla popolazione totale è dell’8,6 per cento, sostanzialmente in linea con l’anno precedente.
Il 2022 si contraddistingue per un nuovo record del minimo di nascite (393mila, per la prima volta dall’Unità d’Italia sotto le 400mila) e per l’elevato numero di decessi (713mila). Dal 2008, anno di picco relativo della natalità, le nascite si sono ridotte di un terzo. Il saldo naturale è diminuito in modo progressivo nel corso del tempo, toccando il minimo nel biennio 2020-2021, quando si è registrata una riduzione di oltre 300mila individui in media annua. A questo si aggiunge, nel 2022, un ulteriore decremento di 321mila unità, che porta quindi, in soli tre anni, alla perdita di quasi un milione di persone (957mila unità). Il calo delle nascite tra il 2019 e il 2022 (27mila unità in meno) dipende per l’80% dal cosiddetto “effetto struttura”, ovvero dalla minore numerosità e dalla composizione per età delle donne. Il restante 20 per cento è dovuto, invece, alla minore fecondità: da 1,27 figli in media per donna del 2019 a 1,24 del 2022.
L’evoluzione di periodo del numero medio di figli per donna in Italia continua a essere fortemente condizionato dalla posticipazione della genitorialità verso età più avanzate. L’età media al parto per le donne residenti in Italia, aumentata di un anno dal 2010 al 2020, è stabile negli ultimi due anni e pari a 32,4 anni.
Nel 2022 la stima della speranza di vita alla nascita è di 80,5 anni per gli uomini e 84,8 anni per le donne; solo per i primi si nota, rispetto al 2021, un recupero quantificabile in circa 2 mesi e mezzo di vita in più. I livelli di sopravvivenza del 2022 risultano ancora al di sotto di quelli del periodo pre-pandemico, registrando valori di oltre 7 mesi inferiori rispetto al 2019, sia tra gli uomini, sia tra le donne. Nonostante l’elevato numero di decessi di questi ultimi tre anni, oltre 2 milioni e 150mila, di cui l’89,7 per cento riguardante persone con più di 65 anni, il processo di invecchiamento della popolazione è proseguito, portando l’età media della popolazione da 45,7 anni a 46,4 anni tra l’inizio del 2020 e l’inizio del 2023.
La popolazione ultrasessantacinquenne ammonta a 14 milioni 177mila individui al 1° gennaio 2023, e costituisce il 24,1 per cento della popolazione totale. Tra le persone ultraottantenni, si rileva comunque un incremento, che li porta a 4 milioni 530mila e a rappresentare il 7,7 per cento della popolazione totale. Il numero stimato di ultracentenari raggiunge il suo più alto livello storico, sfiorando, al 1° gennaio 2023, la soglia delle 22 mila unità, oltre 2 mila in più rispetto all’anno precedente. Gli ultracentenari sono in grande maggioranza donne, con percentuali superiori all’80 per cento dal 2000 a oggi.
Risultano in diminuzione tanto gli individui in età attiva, quanto i più giovani: i 15-64enni scendono a 37 milioni 339mila (sono il 63,4 per cento della popolazione totale), mentre i ragazzi fino a 14 anni sono 7 milioni 334mila (12,5 per cento). Gli scenari demografici prevedono un consistente aumento dei cosiddetti “grandi anziani”. Nel 2041 la popolazione ultraottantenne supererà i 6 milioni; quella degli ultranovantenni arriverà addirittura a 1,4 milioni.
Nel 2022 le iscrizioni anagrafiche dall’estero ammontano a 361mila, con un incremento del 13,3 per cento rispetto al 2021. Forte impulso alle iscrizioni dall’estero è dato dalle conseguenze della guerra in Ucraina alla fine di febbraio 2022. Al 31 dicembre 2022 si osserva un consistente aumento di iscrizioni in anagrafe dall’estero di cittadini ucraini (da circa 9mila nel 2021 a quasi 30mila nel 2022). Il rallentamento dei flussi in uscita, osservato a partire dall’anno della pandemia, prosegue nel 2022 pur in assenza di vincoli agli spostamenti. Le cancellazioni per l’estero scendono a 132mila, -16,7 per cento rispetto all’anno precedente.
I flussi migratori, dopo una fase di marcata prevalenza della componente maschile durata fino agli anni Novanta, negli ultimi venti anni hanno fatto registrare un sostanziale equilibrio di genere. Al 1° gennaio 2022, le donne rappresentano il 49,3 per cento del totale degli stranieri non comunitari di 18 anni e più con un regolare permesso di soggiorno. Molto evidente la struttura per genere a forte connotazione femminile della collettività ucraina: le donne rappresentano più dell’80 per cento degli ingressi, senza variazioni negli ultimi quindici anni.
Al 31 dicembre 2022, dei 7.904 comuni italiani, 4.070 fanno parte delle aree centrali (51,5 per cento) e 3.834 delle aree interne (48,5 per cento). Tra il 1° gennaio 2002 e il 1° gennaio 2023 la popolazione delle aree interne è diminuita, passando dal 23,9 per cento al 22,7 per cento della popolazione totale. Il declino demografico nelle aree interne si osserva già dal 2011, mentre nelle aree centrali dal 2015.
Al 1° gennaio 2023 si registrano 117,9 anziani di 65 anni e più ogni 100 giovani di 15-34 anni (erano 70,5 al 1° gennaio 2002); nelle aree interne tale rapporto è pari a 122,1 (era 73,6 nel 2002), mentre nelle aree centrali è pari a 116,7 (era 69,5).
Criticità ambientali e transizione ecologica
Le tematiche ambientali si collocano ai primi posti tra le principali preoccupazioni dei cittadini. Nel 2022 oltre il 70 per cento dei residenti in Italia, dai 14 anni in su, considera il cambiamento climatico o l’aumento dell’effetto serra tra le preoccupazioni prioritarie.
L’attenzione per i bisogni presenti e per quelli delle future generazioni dovrebbe permeare l’azione degli operatori economici e la progettazione delle politiche pubbliche a livello nazionale e locale, anche in considerazione dei cambiamenti normativi e delle opportunità già disponibili anche a livello europeo (Green Deal, Recovery Fund, RePower Eu).
Tra le maggiori criticità dell’ambiente italiano, si dedica attenzione: alla scarsità delle risorse naturali, con particolare riguardo all’acqua; alle emissioni di gas climalteranti, alla mobilità e agli effetti della qualità dell’aria. Tra le azioni messe in campo viene riportato il quadro dell’espansione dei boschi e delle aree protette, sia terrestri sia marine, la gestione dei rifiuti solidi urbani e lo sviluppo delle fonti energetiche rinnovabili.
Il processo di transizione ecologica è destinato a modificare le fonti e i prezzi dei beni energetici e l’analisi della recente dinamica dei prezzi energetici ci segnala una particolare vulnerabilità del nostro Paese e una netta sperequazione nell’impatto dell’inflazione energetica sulle famiglie .Le strategie di policy europee volte a garantire un processo di transizione giusto (Just transition) si concentrano sul tema della povertà energetica, tema sul quale si offre un quadro aggiornato delle statistiche disponibili e una valutazione sull’efficacia dei bonus energetici nel mitigare il fenomeno.