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10 Ottobre 2022

Telemedicina. Dalle visite al monitoraggio. Arrivano le linee d’indirizzo per le Regioni

Da Quotidiano Sanità del 6 ottobre 2022

di Luciano Fassari

Elaborate da Agenas le indicazioni hanno lo scopo di supportare Regioni e Province Autonome nella definizione e composizione delle iniziative progettuali sui servizi di telemedicina finanziate con 1 mld dal Pnrr. Sarà compito della stessa Agenzia di valutare le proposte progettuali regionali, monitorare le procedure e verificare i report regionali trasmessi durante la fase di attuazione dei progetti. LE LINEE D’INDIRIZZO

Dalla televisita al telemonitoraggio arrivano sul tavolo delle Regioni le linee d’indirizzo sulla Telemedicina elaborate da Agenas. Le linee di indirizzo hanno l’obiettivo di supportare Regioni e Province Autonome nella definizione e composizione delle iniziative progettuali sui servizi di telemedicina cui il Pnrr destina un miliardo di euro.

Il documento, in particolare, definisce le aree cliniche finanziabili nell’ambito dei servizi di telemedicina. Tale sezione fornisce indirizzi per l’elaborazione di progettualità regionali con riferimento a specifiche aree cliniche e bisogni di salute. Nello specifico, riporta indicazioni di carattere clinico-assistenziale (popolazione di riferimento, modalità di erogazione della prestazione, professionisti coinvolti, finalità della prestazione e benefici attesi) sulle seguenti prestazioni suddivise per i target di pazienti individuati:

– Televisita, teleconsulto/teleconsulenza e teleassistenza;

– Telemonitoraggio e telecontrollo del paziente con diabete;

– Telemonitoraggio e telecontrollo del paziente con patologie respiratorie;

– Telemonitoraggio e telecontrollo del paziente con patologie cardiologiche;

– Telemonitoraggio e telecontrollo del paziente oncologico;

– Telemonitoraggio e telecontrollo del paziente neurologico.

L’Agenzia Nazionale per i Servizi Sanitari Regionali (Agenas), in qualità di Agenzia nazionale per la sanità digitale (ASD) e di soggetto attuatore del subinvestimento avrà il compito di valutare le proposte progettuali regionali, monitorare le procedure e verificare i report regionali trasmessi durante la fase di attuazione dei progetti.

Link all’articolo su Quotidiano Sanità: https://bit.ly/3rJ61V9

12 Settembre 2022

Al via a Tel Aviv la 72ª sessione del Comitato regionale per l’Europa dell’Oms

Ministri ed esperti dei 53 stati membri dell’Oms Europa, da oggi fino al 14 settembre, discuteranno e cercheranno consenso su diversi piani d’azione regionali nuovi e aggiornati, tra cui la fine del cancro cervicale, la riduzione del consumo di alcol e la spinta per un’azione accelerata per affrontare la tubercolosi, l’HIV, l’epatite virale e le infezioni sessualmente trasmissibili. Al centro anche le nuove strategie contro il long Covid, il vaiolo delle scimmie e la guerra in Ucraina.

Si apre oggi a Tel Aviv la 72ª sessione del Comitato Regionale per l’Europa dell’OMS. Fino al 14 settembre vedrà impegnati i ministri della salute e gli esperti di salute pubblica di alto livello di tutti i 53 Stati membri della regione europea dell’OMS.
La sessione di quest’anno, seguendo un formato ibrido, riunisce oltre 700 delegati online ospitati dal Ministero della Salute di Israele.

L’incontro tratterà una serie di questioni sanitarie, tra cui:

responsabilizzazione attraverso la salute digitale
promozione della salute attraverso approfondimenti comportamentali e culturali
affrontare la carenza di operatori sanitari
accesso a farmaci a prezzi accessibili.
I delegati discuteranno e cercheranno consenso su diversi piani d’azione regionali nuovi e aggiornati, tra cui la fine del cancro cervicale, la riduzione del consumo di alcol e la spinta per un’azione accelerata per affrontare la tubercolosi, l’HIV, l’epatite virale e le infezioni sessualmente trasmissibili.

Anche l’attuale pandemia di COVID-19, in particolare la necessità di investire in ricerca, diagnostica, trattamento e riabilitazione per coloro che soffrono di COVID-19 da lungo tempo, sarà protagonista delle discussioni, così come l’attuale epidemia di vaiolo delle scimmie e gli impatti sulla salute della guerra in Ucraina.

A due anni da quando il Programma di lavoro europeo 2020–2025 (EPW) – United Action for Better Health in Europe – è stato approvato da tutti i 53 Stati membri, l’incontro offrirà anche l’opportunità ai delegati di riflettere sui progressi compiuti dal 2020 e capire dove è necessaria un’azione per soddisfare le aspettative dei cittadini e per garantire che un’assistenza sanitaria di qualità sia accessibile e alla portata di tutti.

La sessione sarà trasmessa in diretta sul sito web dell’OMS/Europa e la copertura dei social media sarà fornita tramite gli account dei social media dell’OMS/Europa, utilizzando l’hashtag #RC72TLV. Segui su Twitter @WHO_Europe (inglese) e @WHO_Europe_RU (russo) e su Facebook

Il Comitato regionale è l’organo decisionale dell’OMS/Europa e l’incontro annuale è il principale incontro sulla salute pubblica nella regione europea, che riunisce ministri della salute, capi di stato e di governo, rappresentanti di organismi internazionali e organizzazioni non governative, nonché altri dignitari. Si incontrano per discutere e approvare politiche, attività e piani finanziari regionali per migliorare la salute e il benessere del quasi 1 miliardo di persone che vivono nella regione europea dell’OMS.

7 Settembre 2022

Medici e dirigenti sanitari presentano il Manifesto per la nuova sanità

La crisi profonda che attraversa attualmente la sanità pubblica, in preda a carenze di risorse umane ed economiche, spinge le Organizzazioni sindacali della dirigenza medica, veterinaria e sanitaria a fare fronte comune chiedendo alle forze politiche impegnate nella campagna elettorale un chiaro impegno in difesa del loro lavoro e del loro ruolo a garanzia di un diritto costituzionale dei cittadini.
A seguire il “Manifesto per la nuova sanità” dell’intersindacale della dirigenza medica e sanitaria “Uniti per la sanità” (ANAAO ASSOMED – CIMO-FESMED (ANPO, ASCOTI, CIMO, FESMED) – AAROI-EMAC – FASSID (AIPAC-AUPI-SIMET-SINAFO-SNR) – FP CGIL MEDICI E DIRIGENTI SSN – FVM Federazione Veterinari e Medici – UIL FPL COORDINAMENTO NAZIONALE DELLE AREE CONTRATTUALI MEDICA, VETERINARIA SANITARIA CISL MEDICI).

Manifesto per la nuova sanità
Le Organizzazioni sindacali, in rappresentanza di 120mila medici, veterinari e sanitari dipendenti chiedono alle forze politiche di impegnarsi in difesa del Servizio Sanitario pubblico e nazionale, del ruolo dei medici e dei dirigenti sanitari al suo interno, del valore del suo capitale umano.

Il ridimensionamento dell’intervento pubblico, la china avviata verso la privatizzazione, la carenza strutturale di medici specialisti, il peggioramento delle loro condizioni di lavoro, le fughe verso la quiescenza e lidi professionali diversi dalla dipendenza pubblica, mettono a rischio la sopravvivenza del servizio sanitario a 45 anni dalla sua nascita.
Esiste un’emergenza ospedali – con Pronto soccorso allo stremo, liste d’attesa infinite ed un continuo ricorso alle soluzioni estemporanee più fantasiose per tappare le falle di una nave che sta affondando -, ed esiste un’emergenza territorio, che la riforma finanziata con i fondi del PNRR rischia di non riuscire a risolvere, in assenza di ulteriori investimenti a regime. Emergenze che tuttavia stentano a comparire tra gli interventi prioritari promessi dai partiti politici nella campagna elettorale in corso.
Eppure, la tempesta della pandemia Covid-19 è stata perfetta, non risparmiando nessuna delle fragilità del nostro SSN e del nostro sistema Paese. Ha retto, almeno in una prima fase, la cultura civile delle comunità ed il lavoro di quanti sono rimasti, in primis medici e professionisti sanitari, in quelle trincee che non potevano essere abbandonate, pagando prezzi durissimi.

Il virus ha funzionato da acceleratore di fenomeni esistenti cambiando radicalmente, e forse definitivamente, lo scenario in cui ci muoviamo.
Oggi emerge la necessità di ricostruire un ambiente politico, sociale e culturale nel quale la tutela della salute come di tutto il sistema di welfare siano considerati fattori di produzione di ricchezza collettiva, nella misura in cui lo stato di salute e di benessere fisico e psichico di una popolazione correlano direttamente con lo sviluppo sociale e culturale di un Paese. Senza tacere gli effetti sull’economia, per la mole di Pil che tutto ciò che ruota intorno al mondo della salute muove in settori strategici e avanzati del nostro sistema produttivo (farmaci, device, ricerca, biotecnologie, robotica, digitalizzazione, etc). Possiamo dire, senza timore di essere smentiti, che la cattiva tutela della salute di una comunità ne pregiudica lo sviluppo, in termini civili ed economici.

La sanità pubblica, equa, solidale e universalistica produce e non consuma ricchezza. La ricostruzione economica e sociale post Covid-19, tra crisi energetica e conseguenze della guerra in Europa, non deve farla slittare in basso nell’agenda delle priorità, considerandola un oneroso capitolo di spesa del bilancio pubblico, a dispetto della sua mission di presidio di diritti fondamentali di ciascuno e di tutti.

I dati dimostrano che l’Italia è fanalino di coda per quanto riguarda la spesa sanitaria in Europa, per valori pro-capite a parità di potere d’acquisto (nel 2019 pari a 2.473 euro, a fronte di una media Ocse di 2.572 euro) con un gap vertiginoso rispetto a Paesi di riferimento come Francia e Germania. Per quanto riguarda la percentuale sul Pil, l’Italia si pone invece leggermente sopra la media Ocse con una percentuale complessiva di 6,6%, lontana mille miglia da Germania (11,7% del suo Pil) e Francia (11,2%).
Dopo la pandemia niente è cambiato. Continua la fuga dei medici dagli ospedali, continua la sofferenza del personale medico e sanitario, continua la sofferenza dei pazienti che non trovano risposte alle richieste di cure in un sistema vicino al collasso, senza differenze di latitudine.

Le Organizzazioni sindacali della Dirigenza Medica e Sanitaria ritengono che siamo di fronte a un processo di consunzione della sanità pubblica, certificata dalla crisi dei Pronto Soccorso affollati di pazienti e deserti di medici, alla quale serve un approccio di sistema che riconosca la medicina di prossimità e quella ospedaliera come due facce della stessa medaglia e un sostanziale cambio di paradigma culturale, politico e organizzativo per invertire le curve di caduta della qualità e del consenso sociale.

La sostenibilità del servizio sanitario passa per la valorizzazione, l’autonomia e la responsabilità dei suoi professionisti. Perché parlare di sanità significa parlare di lavoro in sanità e parlare di lavoro significa parlare di capitale umano.
È questo il passaggio necessario per chiunque abbia a cuore il presente e il futuro della più grande infrastruttura civile e sociale che questo Paese abbia costruito.

Per i medici, i veterinari e i dirigenti sanitari del SSN, tramontata la retorica, occorrono nuove risorse a loro dedicate, a partire dalla prossima Legge di Bilancio, e interventi legislativi che valorizzino il loro ruolo, finalizzati a:
superare la politica dei tetti di spesa al personale; attuare forti politiche di assunzioni che recuperino i tagli del passato, escludendo il precariato, eterno e non contrattualizzato, come ci chiede la stessa UE;
migliorare le condizioni del lavoro nel SSN in un sistema che privilegi i valori professionali rispetto a quelli economicistici e aziendali;
riportare all’interno dell’inquadramento professionale del CCNL della Dirigenza del SSN il reclutamento di personale medico e sanitario, che negli ultimi anni sta subendo una inaccettabile e regressiva sostituzione con prestazioni privatistiche acquistate a cottimo, con una distorsione evidente del mercato del lavoro;
riformare lo stato giuridico della dirigenza medica e sanitaria, nel segno della dirigenza “speciale” delineato dall’articolo 15 del D.lgs 229/99 rafforzandone l’autonomia sia sotto il profilo professionale che gestionale, valorizzando la peculiarità della funzione svolta a tutela di un diritto costituzionale, anche attraverso forme di partecipazione ai modelli operativi;
aumentare le retribuzioni, detassando gli incrementi contrattuali e il salario accessorio, come già avviene nella sanità privata e in alcune categorie del pubblico impiego come gli insegnanti; prevedere per il rischio contagio una apposita indennità; abrogare il famigerato art. 23, comma 2 del decreto 75/2017, cosiddetto “Madia”, che pone un tetto al salario accessorio;
introdurre il contratto di formazione lavoro per i medici specializzandi (che si ricorda essere medici e sanitari già abilitati ad un esercizio professionale inquadrabile in un ruolo lavorativo dirigenziale e non studenti) e avviare un processo di riforma della formazione post-laurea, divenuta vera emergenza nazionale;
completare la legge sulla responsabilità professionale con il passaggio ad un sistema “no fault” sul modello europeo, superando l’eccezionalità dello “scudo Covid”;
rispettare la tempistica e la esigibilità a livello periferico del CCNL cambiando l’impianto della indennità di vacanza contrattuale.

31 Agosto 2022

Un invito ai partiti per un impegno a favore degli anziani fragili: dieci target per giustizia, equità e diritto alla libertà nella vecchiaia

Lo ha lanciato l’Associazione Italiana di Psicogeriatria stilando dieci punti sui quali si auspica che i partiti possano trovare convergenze operative nella prossima legislatura. I principi ai quali si ispira il documento guardano alla giustizia, all’equità e al diritto alla libertà: condizioni possibili solo attraverso un’adeguata organizzazione civile e una competenza e conoscenza da parte dei pianificatori e legislatori sulle problematiche legate all’invecchiamento.
Tra poche settimane andremo a votare. L’Associazione Italiana di Psicogeriatria esprime alcune indicazioni che potrebbero essere colte da tutti i partiti a favore di ogni persona fragile per età, per condizione di salute e per collocazione sociale.

I principi ai quali si ispira questo documento guardano alla giustizia, all’equità e al diritto alla libertà: condizioni possibili solo attraverso un’adeguata organizzazione civile e una competenza e conoscenza da parte dei pianificatori e legislatori sulle problematiche legate all’invecchiamento.

1. Impegno ad evitare discussioni e decisioni attorno alle persone anziane che siano incentrate solo su problematiche di “risparmio” e di “spreco”. Ogni provvedimento deve essere attuato sulla base dell’utilità individuale e collettiva, pur con la dovuta attenzione ad appropriatezza ed efficienza. Chi ha lavorato e creato condivisione sociale, cultura e ricchezza per il nostro Paese ha un credito di riconoscenza e rispetto che non si deve valutare in termini economici. Per rispondere a questa esigenza, primaria per ogni società civile, è necessario strutturare in modo radicalmente nuovo la formazione degli operatori sanitari e dell’assistenza a tutti i livelli, da quello universitario agli altri luoghi di formazione. Oggi mancano operatori preparati umanamente e tecnicamente per la cura degli anziani fragili, con le gravissime conseguenze che oggi rendono precario il lavoro di molti servizi.

2. La persona anziana ha bisogno della protezione necessaria per il suo livello di fragilità. Non hanno efficacia provvedimenti generici fondati solo sull’età, che non è di per sé indicatore della necessità di supporto. E’ necessario considerare tra i criteri per la ripartizione del Fondo Sanitario Nazionale la deprivazione sociale, indicatore di svantaggio in termini di istruzione, di capacità economica e di relazioni. In questa prospettiva, le forze politiche devono dedicare particolare attenzione all’organizzazione dei servizi per gli anziani fragili nelle regioni meridionali del nostro Paese, abbandonando lo storico disinteresse.

3. I luoghi di vita devono essere organizzati in modo accogliente e sicuro. È inutile e offensivo invitare gli anziani a uscire di casa e a vivere nella comunità se le strade sono deserte, inospitali, talvolta frequentate da persone non amiche, spesso con barriere architettoniche. Attenzione allo spopolamento dei centri storici e alla scomparsa di luoghi naturali di incontro. E’ necessario studiare modalità urbanistiche dove la persona fragile possa trovare punti di appoggio fisico e psicologico.

4. La solitudine dell’anziano e i danni da questa provocati devono essere al centro dell’attenzione del legislatore e degli amministratori di ogni livello. Troppi sono stati recentemente i drammi provocati dalla solitudine dei singoli e delle coppie. È un fenomeno che tende a diventare sempre più pervasivo; vanno quindi organizzati sistemi per creare socialità e favorire i contatti; nei casi più gravi, è necessario prevedere forme di accompagnamento diretto da parte dei servizi.

5. Gli anziani devono essere aiutati nell’utilizzazione delle nuove tecnologie, almeno quelle di base, per potersi mettere in contatto con i servizi senza sentirsi esclusi e impotenti. Non devono diventare barriere che provocano disagi e crescenti diseguaglianze. Attuare programmi di digitalizzazione diffusi nel territorio.

6. È necessario riorganizzare profondamente l’assistenza all’anziano nel territorio. Il PNRR contiene indicazioni quantitative non sempre realizzabili e utili rispetto alla cura delle persone fragili. Andrà rivisto che rispetto a contenuti e obiettivi quando si dovranno stendere i piani attuativi, identificando in particolare alternative al ricovero ospedaliero realmente efficaci sul piano clinico-assistenziale, che però non pongano sulle famiglie carichi di lavoro insostenibili. Attenzione particolare deve essere data al lavoro di caregiving, per facilitarne il compito in un’atmosfera di protezione sul piano organizzativo ed economico.

7. L’assistenza nell’ospedale deve essere riorganizzata tenendo conto della forte prevalenza delle persone molto anziane tra i degenti. È necessario diffondere una cultura e un’organizzazione che rispetti le esigenze della persona non più giovane colpita da una malattia acuta. Da rivedere anche la disponibilità di posti letto ospedalieri, in particolare nelle aree mediche, per evitare dimissioni inadeguate. Un ospedale adatto agli anziani fragili sarebbe per le sue caratteristiche un ospedale migliore per tutti. E’ necessario un intervento radicale per la riorganizzazione del pronto soccorso, porta d’accesso all’ospedale spesso irrispettosa dei bisogni di cura e assistenza posti dalle malattie croniche e dalle fragilità.

8. Le case di riposo (RSA) siono al centro dell’impegno delle comunità sul piano dei finanziamenti, fino ad ora assolutamente insufficienti, e del personale, che deve essere in quantità adeguata e con ottima preparazione professionale. Le comunità di ogni livello devono porre le residenze degli anziani al centro delle loro attenzioni e della loro vita. Lo stato nazionale deve intervenire per integrare l’attività regionale quando questa, per problematiche economico-organizzative, non è in grado di dare risposte adeguate.

9. I servizi territoriali e ospedalieri devono prevedere modalità di cura e accoglienza delle persone affette da demenza, che hanno esigenze specifiche e sono particolarmente fragili.

10. Infine: l’anziano è costruttore di futuro. L’organizzazione politica che non accetta questa posizione non costruisce una comunità equilibrata e giusta.

3 Agosto 2022

Case e Ospedali di comunità. Approvati i requisiti di autorizzazione all’esercizio e in via preliminare i requisiti di accreditamento istituzionale

In Sardegna nell‘elenco degli interventi finanziati con le risorse PNRR e PNC, sono inserite 50 Case delle comunità e 13 Ospedali di Comunità. Nieddu: “Auspichiamo di vedere una sanità che funzioni e sia all’altezza delle aspettative dei cittadini e dei pazienti. Continuiamo pertanto, nonostante la presenza di difficoltà oggettive che non dipendono da noi, come la carenza di specialisti, ad andare avanti per supportare ed incentivare, per quel che è nelle nostre possibilità, il nostro Ssr in prospettiva di una maggior efficienza nell’assistenza sanitaria prestata”
Case e Ospedali di comunità al via anche nell’isola. Nella sua ultima seduta la Giunta sarda ha deliberato l’approvazione dei ‘requisiti di autorizzazione all’esercizio e approvazione preliminare dei requisiti ulteriori di accreditamento istituzionale’ anche per queste strutture.

“Requisiti che sono stati rappresentati attraverso delle schede redatte da un gruppo di lavoro di competenza tecnica della materia – spiega a Quotidiano Sanità l’Assessore Mario Nieddu -, istituito grazie alla collaborazione con la direzione del mio assessorato”.

“Ricordo – prosegue l’esponente di Giunta – in riferimento alla L.R. n.24/2020 di riforma del sistema sanitario regionale – che con l’art. 44 abbiamo previsto l’individuazione nella Casa della salute, denominata Casa delle comunità ai sensi del decreto n. 77/2022, la struttura che raccoglie in un unico spazio l’offerta extra-ospedaliera del servizio sanitario, integrata con il servizio sociale, in grado di rispondere alla domanda di assistenza di persone e famiglie con bisogni complessi. E con l’art. 45 successivo, viene istituito l’Ospedale di comunità (OsCo), quale presidio di raccordo funzionale tra l’ospedale per acuti e i servizi territoriali. Ricordo che la finalità dell’Ospedale di comunità è fornire adeguati livelli di cura alle persone che non hanno necessità di ricovero in ospedali per acuti, ma che hanno comunque bisogno di un’assistenza sanitaria protetta che non può essere resa a domicilio, e limitatamente a periodi di tempo medio-brevi”.

Ripercorrendo inoltre i passi che hanno portato all’attuale delibera, l’Assessore prosegue: “In Giunta regionale abbiamo poi approvato la deliberazione n. 48/47 del 10 dicembre 2020 con la quale è stato recepito l’Atto n. 17/CSR del 20 febbraio 2020 di Intesa tra il Governo, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano, attraverso cui sono stati approvati i requisiti strutturali, tecnologici ed organizzativi minimi dell’Ospedale di comunità. Mediante questa delibera abbiamo quindi demandato al Piano regionale dei servizi sanitari della Regione Sardegna la definizione degli indirizzi per l’individuazione e l’implementazione degli Ospedali di comunità. Piano regionale dei servizi sanitari riferito al triennio 2022-2024, deliberato nel mese di marzo scorso, e che prevede la riorganizzazione della rete territoriale e dell’offerta di servizi, ed il potenziamento del distretto sociosanitario quale punto di riferimento per l’assistito rispetto alla complessità della rete dei servizi e favorisce la presa in carico globale dell’assistito”.

“Sappiamo inoltre che anche la voce Missione 6 del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) promuove la realizzazione di Case e Ospedali della Comunità – rileva Nieddu -, la cui realizzazione è finanziata attraverso la ripartizione del Piano nazionale per gli investimenti complementari (PNC), come rilevabile dal decreto del Ministro della Salute del 20 gennaio 2022. Con l’approvazione quindi della recente deliberazione n.18/32 del 10 giugno 2022, la Giunta regionale ha approvato in via definitiva l’elenco degli interventi finanziati con le risorse PNRR e PNC, tra i quali sono inseriti anche 50 Case delle comunità e 13 Ospedali della Comunità”.

“Per ottemperare ora al Contratto istituzionale di sviluppo (CIS) sottoscritto dal Governatore Solinas e dal Ministro Speranza e finalizzato all’esecuzione e alla realizzazione degli investimenti della Missione 6 – conclude l’esponente di Giunta -, abbiamo dunque individuato ed approvato i requisiti rappresentati dalle schede di cui in allegato. Auspichiamo di vedere una Sanità che funzioni e sia all’altezza delle aspettative dei cittadini e dei pazienti. Continuiamo pertanto, nonostante la presenza di difficoltà oggettive che non dipendono da noi, come la carenza di specialisti, ad andare avanti per supportare ed incentivare, per quel che è nelle nostre possibilità, il nostro Ssr in prospettiva di una maggior efficienza nell’assistenza sanitaria prestata”.

1 Agosto 2022

Telemedicina: dal Pnrr 2,8 miliardi per l’innovazione digitale, a Roma l’Health&BioTech summit

L’Healt&BioTech summit è stata l’occasione per sottolineare l’importanza della digitalizzazione del sistema sanitario, viste soprattutto le nuove possibilità offerte dal Pnrr

Due miliardi e 800 milioni di euro. È questa la cifra stanziata dal Pnrr (Piano nazionale di ripresa e resilienza) per la digitalizzazione del sistema sanitario italiano. Tra gli obiettivi prefissati dal Piano per il 2025 figurano: 200mila pazienti assistiti con la telemedicina, l’85% dei medici di base che alimenteranno il fascicolo sanitario elettronico e la digitalizzazione di 280 ospedali.

In generale, la sanità digitale consente di fornire una migliore e più puntuale assistenza ai pazienti, anche a distanza, come sottolineato a Roma durante la seconda edizione dell’Health&BioTech summit, il convegno promosso da Msd, Deloitte e Intesa Sanpaolo Rbm Salute.

Telemedicina: Quali sono i vantaggi della digitalizzazione?

Riduzione delle liste di attesa, delle disuguaglianze nell’accesso ai servizi, delle ospedalizzazioni, migliore adesione alle terapie e agli screening anticancro e ottimizzazione dei costi. Il Fascicolo Sanitario Elettronico, il pilastro della sanità digitale, è lo strumento con cui il cittadino può tracciare e consultare tutta la storia della propria vita sanitaria, condividendola in maniera sicura con gli operatori sanitari.

Tuttavia, come ha evidenziato il sottosegretario alla salute Andrea Costa, intervenuto all’evento che si è tenuto mercoledì 27 luglio a Roma,se da una parte il Pnrr offre una straordinaria possibilità di innovazione, dall’altra: “le risorse da sole non bastano, è necessario un nuovo modo di concepire l’ecosistema digitale e per fare questo bisogna poter contare su un sistema che consenta l’interoperabilità dei dati senza il quale non sarà possibile ottenere i risultati che auspichiamo”.

In un simile contesto allora l’Health&BioTech summit assume ancora più importanza in quanto, favorendo il dibattito sul valore della trasformazione digitale della sanità tra rappresentanti istituzionali, del mondo accademico-scientifico e delle aziende, alimenta la cooperazione tra settore pubblico e privato.

L’Health&BioTech Accelerator program

In ragione di questo sforzo comune va letta anche la seconda edizione dell’Health&BioTech Accelerator program, inclusa nell’Health&BioTech summit, che ha premiato le 6 startup più innovative tra le 1000 che hanno partecipato, provenienti da più di 40 Paesi. Il progetto è stato coordinato da Deloitte officine Innovazione in collaborazione con diversi partner tecnico scientifici, tra cui i major partner Msd Italia e Intesa Sanpaolo Rbm Salute.

“L’Health&BioTech Accelerator è una eccellenza italiana che mostra come il paradigma dell’Open Innovation sia quello vincente: solo con una stretta sinergia tra tutti gli attori dell’innovazione possiamo accelerare e stare al passo sulle grandi frontiere di trasformazione che stanno coinvolgendo sempre più settori industriali, tra cui anche quello della salute e delle biotecnologie, settori prioritari per il nostro Paese”, commenta Francesco Iervolino, Partner Deloitte Officine Innovazione e Life Sciences & Health Care Innovation Leader Deloitte Central Mediterranean.

Nel corso del summit è intervenuto anche Massimo Tessitore, AD e DG di InSalute Servizi, nuova società della Divisione Insurance di Intesa Sanpaolo ( partecipata al 65% da Intesa Sanpaolo Vita e al 35% da Blue Assistance, che appartiene a Reale Group), ed ha dichiarato: “il progresso digitale e tecnologico può avere un impatto fondamentale per l’innovazione di tutto il sistema di gestione delle persone e dei loro bisogni e percorsi di cura, e proprio con l’obiettivo di sviluppare maggiormente i prodotti e servizi digitali di Intesa Sanpaolo Rbm Salute è nata InSalute Servizi, con cui vogliamo contribuire a dare un’ulteriore spinta a questa trasformazione in corso, evolvendo l’offerta e le modalità di partnership con strutture convenzionate”.

Telemedicina: prima e dopo la pandemia

Nella fase pre-pandemica la sanità digitale era ancora agli albori. Secondo un’indagine condotta dall’istituto Superiore di Sanità, tra il 2014 e il 2017 sono state accertate circa 350 esperienze sporadiche di telemedicina e che solo un cittadino su dieci utilizzava il fascicolo sanitario elettronico. Due anni dopo, nel 2019, il ministero della Salute ha avviato una ricerca sulle esperienze, a livello regionale, di telemedicina. Dalla mappatura è emerso che nel 2018 erano attivi 282 progetti, con distribuzione piuttosto eterogenea tra le regioni.

Come si può facilmente intuire, durante la pandemia le iniziative di telemedicina sono aumentate in maniera esponenziale, stimolate soprattutto dal settore privato, che quindi non si è limitato solamente alla diffusione globale di farmaci e vaccini contro il Covid-19.

“Da marzo 2020, le aziende farmaceutiche – ricorda Nicoletta Luppi, Presidente e Amministratore delegato di Msd Italia – hanno attivato ben 247 iniziative di telemedicina che hanno apportato importanti benefici per le persone affette da patologie croniche che hanno potuto continuare a seguire i propri percorsi di cura senza spostarsi dal proprio domicilio. Nel corso della pandemia, in diverse Regioni italiane sono stati perfezionati algoritmi capaci di favorire l’aderenza alle terapie da parte dei pazienti e che hanno permesso ai medici di controllare e monitorare in tempo reale lo stato di salute dei pazienti. Msd – assicura ancora Nicoletta Luppi – intende continuare a supportare questi progetti al fine di superare, proprio grazie alle tecnologie digitali, le difficoltà che la pandemia ha causato all’assistenza in presenza dei pazienti, favorendo, pertanto, una ripresa ‘accelerata’ anche della buona salute”.

Da parte sua, lo Stato italiano è impegnato da diverso tempo nella trasformazione digitale della sanità. Negli ultimi 8 anni, infatti, sono stati approvati più di 10 provvedimenti nazionali sulla sanità digitale, di cui l’ultimo (D.L. 27 gennaio 2022, n.4) definisce il ruolo dell’AGENAS (Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali). In base al decreto legge, la piattaforma nazionale di telemedicina sarà gestita proprio da AGENAS, con l’obiettivo di favorire l’adozione a livello locale di soluzioni di telemedicina secondo modelli applicabili su larga scala. D’altra parte, la strategia nazionale nell’ambito del Pnrr è proprio questa: far sì che una piattaforma nazionale di telemedicina possa essere il punto di partenza di nuovi progetti e soluzioni all’interno dei sistemi regionali.

25 Luglio 2022

Un italiano over-60 su 5 è fragile e oltre 1 milione di anziani sono affetti da fragilità severa. L’indagine di Italia Longeva

Sono quasi 4 milioni gli over 60 con fragilità di grado moderato o severo che necessita di un monitoraggio e un’assistenza continui per evitare che precipiti portando con sé disabilità gravi, ospedalizzazioni e decessi. I più colpiti sono gli anziani con basso reddito e chi vive al Sud, ma non mancano le eccezioni. Servizi di assistenza domiciliare e RSA non proporzionati al numero di fragili in 3 Regioni su 4.
Il Covid, con l’alto tributo di vite tra gli anziani, ha portato alla ribalta il concetto di fragilità, una condizione tipica dell’invecchiamento caratterizzata da un’aumentata vulnerabilità ad eventi acuti e che si associa ad una mortalità fino a 5 volte più elevata. “Ma la fragilità, oggi tanto decantata, non è mai stata misurata, né tanto meno utilizzata per programmare servizi territoriali di long-term care adeguati alla complessità degli anziani. La pandemia ha fatto capire che il problema è lì e che dobbiamo sfruttare l’opportunità del PNRR per ripensare un servizio sanitario orientato alla presa in carico delle persone fragili”, spiega Roberto Bernabei, presidente di Italia Longeva, l’Associazione nazionale per l’invecchiamento e la longevità attiva del Ministero della Salute.
A confermare questa urgenza sono i dati dell’Indagine di Italia Longeva “La mappa della fragilità in Italia: gradiente geografico e determinanti sociodemografici” che, per la prima volta, ha misurato e mappato la fragilità tra la popolazione ultrasessantenne in Italia: più di 1 over-60 su 5 – quasi 4 milioni di persone – presenta una fragilità di grado moderato o severo che necessita di un monitoraggio e un’assistenza continui per evitare che precipiti portando con sé disabilità gravi, ospedalizzazioni e decessi. Un rischio fortemente correlato alla multimorbidità, con 13 milioni di over-60 (3 anziani su 4) che, stando all’indagine, sono affetti da cinque o più malattie croniche.

L’indagine, curata per Italia Longeva da Davide Vetrano, geriatra ed epidemiologo al Karolinska Institutet di Stoccolma, in collaborazione con la Società Italiana di Medicina Generale e delle Cure Primarie (SIMG), è stata presentata oggi al Ministero della Salute nel corso della settima edizione degli “Stati Generali dell’assistenza a lungo termine – Long-Term Care SEVEN”, l’appuntamento annuale di Italia Longeva che riunisce gli attori che, ai vari livelli, si occupano di programmare e gestire l’assistenza agli anziani. Al centro del confronto, le sfide in atto per la riorganizzazione, l’integrazione e la digitalizzazione della rete dei servizi territoriali, alla luce del PNRR e del DM 77. Tra i focus della due-giorni, il ruolo dei farmaci equivalenti nell’ambito della long-term care, approfondito nell’Indagine di Italia Longeva sul “Processo di prescrizione dei farmaci equivalenti in Italia”.

Nello studio presentato questa mattina, la fragilità è stata valutata attraverso un indice di fragilità altamente predittivo (basato sulla prevalenza di 25 deficit tra malattie croniche, aspetti funzionali e nutrizionali, selezionati da un algoritmo informatico validato) e facilmente implementabile nel database in uso ai medici di medicina generale, applicato su un campione di 440mila over-60 rappresentativi della popolazione italiana, riferito all’anno 2019.

Il 6,5% della popolazione over-60 (circa 1.200.000 persone) è affetto da fragilità severa, percentuale che varia a seconda delle aree del Paese, con in testa le regioni del Sud e Isole (8,2%), rispetto a quelle del Centro (6,2%) e del Nord (5,3%). La maglia nera per maggior numero relativo di anziani affetti da fragilità grave spetta alla provincia di Rieti (14,4%),seguita da Salerno (12%) e Trapani (11,9). Campania e Sicilia presentano ben 7 province tra le prime 10 con le percentuali più elevate di soggetti con fragilità severa. Di contro, le città che mostrano una minore concentrazione di anziani con fragilità grave, con valori fino a dieci volte inferiori, sono Asti (1,9%), Macerata (2,1%) e Bolzano (2,4%).

A determinare il livello di fragilità della popolazione entrano in gioco anche variabili di tipo socio-demografico: la fragilità severa cresce all’aumentare dell’età, passando dallo 0,8% nella fascia 60-65 anni al 17,3% negli ultraottantenni, ed è maggiore nelle province con più bassi valori di reddito medio pro-capite (MEF, 2019). Non mancano, tuttavia, province con valori di reddito estremamente differenti ma con livelli di fragilità simile: è il caso di Foggia e Pavia che a fronte di un reddito medio pro-capite rispettivamente di 15mila e 22mila euro, registrano entrambe l’8% di over-60 con fragilità severa, ad indicare che le disuguaglianze socioeconomiche spiegano solamente parte del problema.

“Il lavoro nato dalla collaborazione tra geriatri e medici di medicina generale – aggiunge Bernabei – ha concretizzato la fragilità in una misura fruibile e interpretabile, sia per i medici che per i decisori, per meglio declinare l’assistenza agli anziani. Riconoscere per tempo la fragilità, consente al medico di intervenire sul singolo paziente con una presa in carico personalizzata prima che la condizione precipiti ulteriormente. Ma non solo: sapere quali Regioni e Province d’Italia sono caratterizzate da una più alta prevalenza di fragilità e multimorbidità permette di destinare alla long-term care risorse, professionisti, strutture e servizi adeguati a rispondere puntualmente ai bisogni dei più vulnerabili”.

“L’ambulatorio del medico di medicina generale rappresenta per i cittadini la porta di ingresso al sistema sanitario nazionale. Il MMG è colui che conosce la storia clinica del paziente meglio di chiunque altro: informazioni sanitarie essenziali, aggiornate e di elevata qualità per una corretta stratificazione della popolazione come previsto dal DM 77 – spiega Claudio Cricelli, presidente della Società Italiana di Medicina Generale e delle Cure Primarie (Simg). Negli ultimi, anni la Simg ha investito le sue energie proprio in questa direzione, con la validazione dell’indice di fragilità utilizzato nello studio presentato oggi e che rappresenta uno strumento di pregio per la profilazione dei cittadini fragili”.

Partendo dal presupposto che la presenza di fragilità severa determina il bisogno di cure domiciliari o residenziali, l’indagine di Italia Longeva ha analizzato anche il rapporto tra il tasso di fragilità, l’offerta regionale di posti letto nelle residenze socio-assistenziali (RSA) e i servizi di assistenza domiciliare (ADI). Il quadro che emerge è ancora una volta eterogeneo lungo la penisola: solo 5 regioni su 20 – Piemonte, Liguria, Veneto, Marche e Friuli Venezia Giulia – offrono servizi di ADI o RSA proporzionati al numero di anziani con fragilità severa residenti nella stessa regione.

D’altra parte, i dati del Ministero della Salute sull’offerta di assistenza domiciliare (ADI) e residenziale (RSA), censiti da Italia Longeva all’interno dell’Indagine, mostrano una situazione pressoché invariata rispetto all’anno precedente, sia per numero di assistiti che per giornate di presa in carico. Nel 2021, solo il 2,3% dei quasi 14 milioni di over-65 residenti in Italia ha beneficiato di cure residenziali e poco più del 2,9% del totale (400.000 anziani) ha ricevuto assistenza domiciliare, in molti casi limitata a prestazioni episodiche, a basso livello di intensità assistenziale e con estrema variabilità regionale.

“Il Pnrr è, per il Servizio sanitario nazionale, l’occasione per modernizzare la rete dell’assistenza territoriale ma è indispensabile una cabina di regia che ‘governi’ la fragilità. Non basta potenziare i servizi di ADI, è necessario collegarli con l’ospedale e con le nuove strutture previste dal Pnrr, facendo sì che l’anziano venga preso in carico nel posto migliore a seconda del grado di complessità dei suoi bisogni”, conclude il presidente di Italia Longeva.

13 Maggio 2021

Mater Olbia, arrivano nuovi fondi del Qatar – Intervista a Il Sole 24 Ore

Mater Olbia, arrivano nuovi fondi del Qatar

Davide Madeddu

Un piano triennale da 200 milioni per sostenere la ricerca scientifica e lo sviluppo immobiliare collegato. È il programma di investimenti predisposto per il periodo che va dal 2021 al 2023 che la Shrp, il braccio operativo di Qatar Foundation Endowment (“QFE”) che a Olbia, nella Sardegna nord orientale opera con il Mater Olbia. Il complesso sanitario, oggi partner della Fondazione Policlinico universitario Gemelli, nato dalle ceneri del progetto ideato da Don Verzè (ma tramontato nel 2012) e acquisito nel 2015 da Shrp. La struttura impiega circa 350 dipendenti (destinati a diventare 500 a breve termine) il cui 78 per cento è sardo mentre altri 100 con diverse mansioni e circa 300 indiretti. «Nel primo anno di attività il fatturato ha raggiunto i 17 milioni e mezzo – dice Lucio Rispo, amministratore delegato di Shrp e responsabile di ogni operazione collegata al Mater Olbia – per il 2021 si prevede di superare la soglia dei 30 milioni, mentre dal 2022, con la radioterapia e altri servizi a regime è previsto un fatturato superiore ai 60 milioni annui. Questo trend sarà naturalmente rispecchiato nell’indotto che ruota intorno alle attività del Mater Olbia». Dall’avvio dell’operazione, Qatar Foundation Endowment ha investito «300 milioni di euro». «Il valore dell’investimento è decisamente superiore se, agli investimenti diretti, si aggiungono quelli legati alla ricerca che coinvolgono tutta l’Isola e gli Istituti di Ricerca italiani – prosegue Rispo. Il valore dell’investimento in ricerca è quantificabile intorno ai 40 milioni di euro che, considerando i parametri utilizzati dalle università internazionali, comporta una ricaduta pari a 5 volte il valore investito». Partendo dai risultati, 53.621 pazienti assistiti dall’apertura e 3.390 ricoveri nel 2020 con la pandemia incorso, ora si guarda al futuro. Con investimenti che peri il triennio 2021-2023 valgono 200 milioni di euro. Con un’attenzione alla ricerca. E allo sviluppo immobiliare «per la cui implementazione è stato nominato un responsabile ad hoc arrivato da Doha». Recentemente sono stati completati i lavori per il reparto di radioterapia, «all’avanguardia» e attivati percorsi dedicati come il ‘Women’s care center”. Ci sono poi le attività legate alla ricerca e malattie rare. «L’investimento massivo nella ricerca nelle scienze omiche – argomenta Rispo – consente diagnosi più precise e terapie personalizzate». Poi la ricerca sul plasma dei convalescenti nel trattamento della malattia da coronavirus, la riabilitazione post Covid, continuando con la ricerca sulle malattie nell’infanzia. In campo anche il sistema Health and Life Style che si sviluppa con percorsi di educazione e prevenzione che il Mater Olbia offre alle scuole. Nella partita rientra anche il cosiddetto piano per il “turismo sanitario.

Al seguente link è possibile consultare la versione in pdf dell’articolo:

Mater Olbia_24Ore

13 Maggio 2021

Mater Olbia: nuovo piano di investimenti da 200 milioni di euro

Roma, 13 mag. (askanews) – Sette piani e 242 posti letto, 50 dei quali a pagamento, con un blocco distaccato destinato alla radioterapia, circa 350 dipendenti (ma presto saranno 500) nel settore sanitario. Oltre 53mila pazienti assistiti ad oggi nel solo 2020 , con una pandemia in corso, 3.400 ricoveri e 41mila prestazioni ambulatoriali erogate in convenzione.

Ecco il link alla video intervista sul sito ufficiale de Il Sole 24 Ore

https://stream24.ilsole24ore.com/video/italia/mater-olbia-nuovo-piano-investimenti-200-milioni-euro/AEaNmVI

16 Ottobre 2020

A Lucio Rispo le chiavi di Padru. “Da dicembre al Mater: Radioterapia e accordo con il Gaslini per i bambini oncologici”

Dopo Liliana Segre Padru conferisce la cittadinanza onoraria a Lucio Rispo, 65 anni, napoletano, per il lavoro svolto a favore della realizzazione dell’ospedale Mater Olbia. La cerimonia si è svolta questa mattina nell’aula del Consiglio comunale del Municipio.

Rispo che ha ricevuto le chiavi della città dal sindaco Antonio Satta, ha annunciato grandi novità per l’ospedale Olbia: da dicembre sarà attiva la nuovissima radioterapia e nello stesso periodo sarà siglato un accordo con il Gaslini di Genova per la preospedalizzazione e le cure dei bambini in trattamento oncologico.